Conclusioni
Importante problema di sicurezza quasi sconosciuto da segnalare
Il problema[1] trattato riguarda la sicurezza delle persone e degli impianti e non dovrebbe essere trascurato. L’alta frequenza, con cui il problema si presenta, e le pesanti responsabilità collegate richiederebbero su di esso maggior attenzione da parte dell’ambiente normativo.
Ai progettisti, ai quadristi, agli installatori, ai collaudatori e ai verificatori devono essere fornite indicazioni precise ed affidabili[2] sulla procedura da seguire per risolvere almeno la maggioranza dei casi critici, che si possono presentare e che riguardano sezioni di impianti elettrici importanti. Ciò deve avvenire in tempi brevi[3]. La sorgente di rischio, che abbiamo descritto, deve entrare a far parte dell’elenco dei rischi[4]. Non prenderlo in considerazione significa non ispirarsi al principio di precauzione.
Contenuto della modifica da apportare nei documenti normativi
Il testo ambiguo e tardivo[5] presente nel commento all’art. 5.33.3.2 di CEI 64-8 e la procedura descritta nelle ultime pagine in CEI 121-5 dovrebbero essere modificati necessariamente[6] prescrivendo il ricorso all’approvazione dei costruttori per l’uso degli interruttori di protezione nei casi critici in queste note considerati. Non sembra possibile oggi l’adozione di una soluzione diversa.
Per aiutare i progettisti a non cadere in errore nella selezione degli interruttori, suggeriamo ai normatori di inserire nel commento all’art. 533.3.2 della stessa norma CEI 64-8 una tabella, che riporti i fattori di potenza convenzionali, cui i progettisti possano agevolmente riferire i poteri di apertura e di chiusura[7] in cortocircuito nominali degli interruttori da utilizzare[8] senza l’autorizzazione dei costruttori.
Una più equilibrata ripartizione in ambito normativo delle influenze dei diversi portatori di interessi
Per quanto abbiamo potuto osservare nei non pochi anni trascorsi si auspicano presso il CEI interventi orientati a garantire un processo di formazione dei contenuti normativi più aperto alle osservazioni esterne e più equilibrato nell’assegnare il dovuto peso alle esigenze di tutti i diversi portatori di interessi in particolare in contrapposizione a quello dei costruttori di interruttori di protezione e di quadri elettrici[9]. Di ciò in particolare i progettisti dovrebbero farsi carico nel pretendere presso gli enti normatori risposte più tempestive, attente e precise da parte dei costruttori.
Perché non investire le università del compito di partecipare ai lavori di validazione dei contenuti delle norme tecniche?
[1] Il problema del possibile utilizzo improprio e insicuro degli interruttori elettrici di protezione.
[2] L’importanza del problema non merita come risposta l’ambiguo testo del commento ad un articolo di norma, nè alcune righe delle ultime pagine di una guida. Il tutto peraltro senza una comprensibile giustificazione tecnica.
[3] Già circa 45 anni or sono chi scrive ha segnalato il problema, di cui si tratta (TR 2500 kVA a perdite ridotte), senza aver trovato presso i costruttori adeguata assistenza.
[4] Alcuni incidenti potrebbe trovare spiegazione in una errata selezione degli interruttori per quanto si è prospettato. L’aspetto considerato in queste note dovrebbe entrare in futuro nella check-list dei collaudatori, dei verificatori, quando chiamati a pronunciarsi sulla realizzazione a regola d’arte dei quadri elettrici, come in quella dei periti dei tribunali, quando chiamati ad approfondire le cause di contestazioni o incidenti più o meno gravi.
[5] La frettolosità e la superficialità, con cui sembra si sia affrontato il problema, quando fu preso in considerazione presso il CEI, sembrano comprovate anche dal fatto che nella prima versione del commento all’art. 533.3.2, presente anche nell’ultima edizione di CEI 64-8, se ne limita l’ambito di interesse ai soli valori del fattore di potenza della corrente di cortocircuito inferiori a 0,2: un evidente errore. Infatti, se è vero che al valore 0,2 corrispondono applicazioni in quadri elettrici connessi a nodi di più elevata potenza, è anche vero che per valori superiori del fattore di potenza, da riferire a classi di interruttori caratterizzati da valori inferiori di Icu, i gradienti delle energie in gioco da smaltire all’interno degli interruttori e i gradienti dei picchi di corrente Icm dagli stessi da sostenere, al variare rispettivamente di Icu e di Icm, sono ben maggiori di quelli da riferire al valore convenzionale estremo (0,2). Quindi tutte le situazioni, cioè anche quelle relative alle classi di interruttori con Icu inferiori, sono da considerare parte del problema, in quanto sussistono per esse livelli di rischio non molto diversi. L’errore è stato segnalato e il testo sarà probabilmente modificato.
[6] I progettisti non sono tenuti a conoscere il dettaglio della norma CEI EN 60947-2, che tratta degli interruttori di protezione.
[7] C’è da chiedersi per quale motivo molti anni fa è stata eliminata nei cataloghi, che descrivevano le prestazioni degli interruttori, l’indicazione dei fattori di potenza al di sopra dei quali i poteri di chiusura e di apertura erano da riferire. Qualche anno fa tale indicazione continuava a non comparire.
[8] Ciò non sembra ad es. necessario si debba chiedere per quanto attiene alla tensione di esercizio, cui riferire i poteri di chiusura e di apertura degli interruttori, in quanto la corrispondenza continua ad essere correttamente trattata nei cataloghi dei costruttori.
[9] Ad esempio nella determinazione della composizione dei Gruppi di Lavoro preposti all’approfondimento di determinati argomenti.
[10] Si sa che l’applicazione delle norme tecniche non è obbligatoria, ma che non applicarle è pericolosissimo.
Nessun commento:
Posta un commento