venerdì 31 dicembre 2010

Scatto intempestivo dei relè differenziali in MT/1

Spesso in una rete di MT di utente ordinariamente gestita in radiale, ma chiudibile in anello, per eseguire la manutenzione delle apparecchiature di MT e contemporaneamente per non interrompere l’alimentazione a certi carichi, che non tollerano interruzioni, pena costi di decine di migliaia di euro, si pensa di chiudere temporaneamente l’anello di MT per poter successivamente isolare la cabina o la parte di impianto, sulla quale si deve intervenire.
Ebbene qualcuno avrà notato come, in occasione di tale manovra, possa capitare che si manifesti lo scatto in genere contemporaneo di entrambi gli interruttori automatici di MT, che alimentano i due rami dell’anello in uscita dalla cabina di consegna. Ciò a causa dell’intervento dei rispettivi relè differenziali, di cui gli stessi devono essere equipaggiati, affinché il guaio si manifesti.
E’ interessante capire le modalità e le circostanze che determinano tale grave inconveniente, per poterlo dominare. La Norma tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) n. 11-35/1996, Guida all'esecuzione delle cabine elettriche d'utente, non tratta l'argomento.
Mentre stiamo lavorando per dare al problema una risposta abbastanza precisa, si chiede se qualcuno dei lettori ha osservazioni in merito da proporre

lunedì 20 dicembre 2010

Le NORME CEI : sicurezza o prestazioni ?

Le norme CEI : sicurezza o prestazioni ?
Esprimo il mio pensiero, che da molti anni vado, a dire il vero con poca fortuna, riaffermando.
Le norme CEI sono nate per garantire soprattutto la sicurezza nell’esercizio degli impianti elettrici. Ritengo pertanto che, quando esse si allontanassero da tale ambito, lo dovrebbero dichiarare con la massima chiarezza. Non si deve assolutamente confondere, naturalmente per quanto possibile, la sicurezza degli impianti con le relative prestazioni.
Sotto questo aspetto sarei piuttosto rigido: le norme tecniche non dovrebbero proprio trattare aspetti non direttamente afferenti alla sicurezza. Sarebbe interessante approfondire gli aspetti legati a questa importante limitazione.
Purtroppo oggi sussiste una gran confusone in proposito. Essa comporta danni non sempre a pieno percepiti.
L’installatore e il progettista, nei propri ambiti sanciti dalla legge, devono poter esercitare con autonomia e autorevolezza, valutando le condizioni al contorno sempre diverse, il proprio ruolo di consulenti del cliente al fine di meglio determinare/proporre le soluzioni prestazionali, che reputa migliori. I lacci imposti dalla norma tecnica risulterebbero molto pesanti oltre che ingiustificati.
I nuovi progetti di norma del SCT64 ( norma CEI 64-8 ) C.1065 e C. 1066, che introducono un allegato ( allegato A ) sugli ambienti residenziali e corrispondenti modifiche ad alcuni articoli della norma CEI 64-8, si esprimono in tal senso.
Al di là dei contenuti particolari forse è il caso di mettere in discussione il ruolo del Comitato Elettrotecnico Italiano sotto questo particolare e significativo aspetto.
L’occasione per un approfondimento di carattere generale può essere anche il dibattito, che deve a breve presso il CEI accompagnare l’approvazione dei progetti sopra citati in scadenza il prossimo 7 gennaio 2011.
Ho fiducia che qualche esperto del SCT 64 del CEI legga queste poche righe, rifletta e ripronga chiara e puntuale la questione anche nella sede idonea.
Cosa ne pensate ? Aspetto contributi.

domenica 5 dicembre 2010

Norma CEI 81-10/2 - Un altro dubbio

Norma CEI 81-10/2- Un altro dubbio!
La norma CEI 81-10/2 prevede che se un primo edificio è collegato ad un secondo edificio con una linea elettrica ( ad esempio due capannoni costituenti la sede di una azienda ) si deve mettere in conto nella valutazione del rischio del primo edificio anche i fulmini di cui il secondo edificio può risultare vittima. La componente che valuta il rischio dovuto alle conseguenze degli incendi, oggi la più consistente, quella che decide la necessità di predisporre eventuali e costosi apprestamenti di difesa, praticamente si raddoppia se i due edifici si assomigliano.
Ci si chiede : ma le linee di BT del distributore, che alimentano le ordinarie utenze, non collegano quest’ultime tutte tra loro? Nelle nostre valutazioni come ci dobbiamo comportare ? Perché mettere in conto solo i fulmini captati dalla conduttura elettrica pubblica e non anche quelli captati dagli edifici connessi alla stessa conduttura?
C’è qualcuno che mi sa spiegare dove sbaglio?
Ricordo che l'ultimo progetto della norma CEI 64-8 che trattava dello stesso argomento e che ho avuto modo di leggere, trascurava completamente tale aspetto.

venerdì 19 novembre 2010

Norma CEI 81-10/2 - EQUILIBRATA ??

La norma CEI 81-10/2 al punto A4 dell'allegato A a proposito del calcolo del numero di fulmini che una linea elettrica può raccogliere per consentire loro di scaricarsi nell'impianto in esame da eventualmente proteggere propone di tener conto della sua lunghezza Lc così definita : Lc è la lunghezza della sezione del servizio dalla struttura al primo nodo ( m ) . Può essere assunto un valore massimo Lc = 1000 m.
Più sotto si legge ancora " quando il valore di Lc non è noto, si deve assumere Lc = 1000 m".

In una tesina a firma delle laureande Patano Domenica e Sgaramella Adriana dal titolo "Reti di distribuzione MT e BT" con la guida dei docenti. prof. ing. Pasquale Pugliese e prof. ing. Marco Bronzini (Università di Bari ), si legge quanto segue:
"Il raggio d’azione, a titolo indicativo, risulta:
1) nelle zone centrali dei grossi agglomerati urbani al massimo 100 metri;
2) nelle zone extraurbane industrializzate circa 300 metri;
3) nelle zone agricole poco industrializzate oltre 1000 metri."

Poiche la protezione è molto costosa concludo che la norma è molto attenta alla salute delle persone e molto meno alle loro tasche. Non vi pare ?

Propongo che i normatori a fronte di un poco costoso approfondimento ( verifica delle lunghezze attribuibili alle linee ) implementino la norma, per coloro che non sono in grado determinare, cosa non facile, il nodo "misterioso", suggerendo valori della lunghezza da adottare più aderenti alla realtà senza imporre come sta accadendo nella indifferenza generale, costi impropri alla gran parte dei cittadini.
Mi chiedo: ma la norma tecnica non dovrebbe tutelare i cittadini!?!?

domenica 7 novembre 2010

Un buco nella norma CEI 64-8. Secondo intervento.

Riprendo il punto già toccato qualche giorno fa.
Si dimostra nel contempo che se la regola d’arte non coincide necessariamente con la norma tecnica, cosa che si sapeva, vale anche l’affermazione che un impianto a norme CEI non necessariamente è a regola d’arte nel senso più pieno del suo significato, come qualche magistrato ha certo nel passato già affermato.
Da catalogo di comuni trasformatori di primaria multinazionale elettromeccanica: trasformatore 20/0,4 kV, Pn 1.250 kVA, 6 % vcc, 13.000 W perdite nel rame a 75°C, 1808 A corrente nominale al secondario. Il cosfi naturale del trasformatore risulta pari a 0,173.
La corrente di corto circuito di massima vale 30.133 kA. Una serie non molto potente di interruttori automatici scatolati per distribuzione di potenza della stessa primaria multinazionale elettromeccanica dispone di un potere di interruzione nominale limite in corto circuito Icu pari a 36 kA ( 380/415 V ), pari a quello di servizio Ics ( 100 % ). La possibilità di utilizzo di questa serie di interruttori nel quadro posto immediatamente a valle di un trasformatore uguale a quello sopra richiamato sembra legittima e anche la più economica. Un tale utilizzo ci si può legittimamente aspettare oggi da una progettazione ordinaria, che nasca da un ufficio di progettazione puro o da riferire direttamente agli installatori.
In realtà tale soluzione però non è a regola d’arte, perchè non è sicura.
Per poteri di interruzione degli interruttori superiori a 20 kA e inferiori o uguali a 50 kA, come nel caso esaminato, il fattore di potenza, cui riferirli è 0,25. Ben più alto di quello ( 0,173 ) dell’impedenza del circuito, che determina lo sfasamento della corrente di guasto a valle del trasformatore incriminato rispetto alla tensione che la determina.
Purtroppo anche l’utilizzo di un interruttore con potere di interruzione superiore o pari a 50 kA non risolve il problema. Disporremmo così forse di un impianto a norme CEI, un po’ meno insicuro, ma certo non a regola d’arte. Il cosfi di riferimento del suo potere di interruzione ( 50 kA ) risulta pari a 0,2, ancora superiore a 0,173.
Ho chiesto aiuto ad un noto costruttore di interruttori. La sua risposta nel caso specifico consiglia all’utilizzatore di chiedere al costruttore stesso di eseguire delle prove ad "hoc" per dimostrare l’idoneità degli interruttori, in quanto ovviamente non potrà mai dichiarare che gli interruttori vanno bene anche nel caso prospettato.
Non capisco come a distanza di più di dieci anni dalla mia denuncia sulla rivista AEIT della vigenza di impianti palesemente insicuri, almeno secondo i canoni del giudizio comune, rimanga sempre e solo in capo ai progettisti e agli installatori l’eventuale responsabilità di danni per uso improprio degli apparecchi, di cui abbiamo detto, anche se il caso prospettato rientra nella quasi ordinarietà dell’impiantistica che riguarda la cabine di trasformazione.
Ma siamo sicuri che al CEI e ai costruttori stia a cuore la sicurezza degli utenti degli impianti elettrici! Da persone di mondo possiamo perdonare forse i secondi, ma il CEI no ! Dobbiamo credere veramente che gli esperti del CEI non leggono la rivista dell’AEIT ? Può il CEI non rispondere per anni al suo primario dovere di dare agli operatori del settore elettrico strumenti normativi non pericolosi nel comune impiego ? Non si tratta di nuove applicazioni!
Faccio notare che sul catalogo dell’importante costruttore, che descrive le caratteristiche elettriche secondo IEC 60947-2 dei propri interruttori, non sono riuscito a leggere quale cosfi massimo debba essere associato alle classi dei poteri di interruzione proposti.
Il problema si può estendere incredibilmente pari pari anche ai quadri elettrici di potenza e alle blindosbarre. Su questo argomento le norme si sono fossilizzate su posizioni che forse avevano un riscontro positivo 30 anni fa! E’ mai possibile ! Viene il dubbio che anche a livello internazionale gli esperti del settore alla fine mediamente abbiano più a cuore la difesa di posizioni dominanti sul mercato che non la sicurezza delle persone.
Chiedo di conoscere il pensiero dei colleghi e degli installatori in proposito.

mercoledì 25 agosto 2010

Norma CEI 64-8 - Scelta dei quadri elettrici e degli interruttori automatici

Quando ho iniziato la mia attività di progettista mi sono imbattuto in un problema, che ho cercato di rendere pubblico con una lettera inviata alla rivista ufficiale dell'AEIT. A distanza di decenni il problema rimane aperto.
Si tratta di quadri elettrici importanti equipaggiati con interruttori automatici con poteri di interruzione di poco superiori al valore della corrente di corto circuito che li può interessare ( ad esempio rispettivamente 60 kA e 55 kA ). Spesso a valle di trasformatori di media alta potenza del tipo a perdite ridotte il cosfi della corrente di corto circuito presunta è più basso di quello associabile al potere di interruzione dichiarato dal costruttore secondo le norme tecniche attinenti ( ad esempio 0,18 contro 0,2 associabile per poteri di interruzione superiori o pari a 50 kA ).
In proposito come ci dobbiamo comportare noi progettisti e consulenti.
E' possibile a distanza di decenni ottenere una risposta ?
Quale può essere la regola d'arte applicabile in materia.
Noi progettisti e verificatori dovremmo stimolare i normatori come i costruttori di interruttori ad offrire regole/apparecchi più confacenti alle reali esigenze impiantistiche, in particolare se sono coinvolti aspetti che riguardano la sicurezza e anche se ciò può risultare molto costoso.
Nel passato ho più volte espresso il mio pensiero in qualche articolo comparso sulle riviste del settore. Mai sono pervenute risposte. Ho sollevato il problema presso la rivista Tuttonormel, che, a mio parere, ha le competenze per esprimersi autorevolmente.
La risposta molto tempestiva del prof. Vito Carrescia, direttore della rivista e certamente uno dei massimi esperti di sicurezza elettrica, che ringrazio, ha confermato il mio pensiero: i costruttori devono indicare come varia il potere di interruzione dei dispositivi di protezione al diminuire del cosfi rispetto a quello nominale.

domenica 25 luglio 2010

Le norme CEI e i grandi concerti: uso dei cavi H07RN-F

Le norme CEI e i grandi concerti : uso dei cavi H07RN-F, 1
Sono in uso nell’installazione degli impianti video-audio e di illuminazione dei grandi concerti cavi del tipo H07RN-F un po’ di tutte le sezioni fina a 240 mm2.
Tali cavi sono per posa mobile. La temperatura di funzionamento è per tale tipo di posa è di 60 °C. Se usati per posa fissa la loro temperatura di funzionamento risulterebbe superiore ( 85 C° ? ). Nel caso di cavi a servizio di uno spettacolo itinerante a che temperatura di funzionamento si deve fare riferimento ? Notiamo che spesso ci si riferisce a quest'ultima.
E’ giusto, prudentemente, riferirsi alla temperatura di riferimento di soli 60° per tener conto del fatto che tali cavi vengono ogni qualche giorno posati e rimossi e forse un po’ maltrattati? per tener conto che si tratta di luoghi a maggior rischio in caso di incendio ?
Al momento non siamo in grado di dire se le Norme CEI abbiano già affrontato questa delicata questione, ma non ci pare. D’altra parte le norme tecniche non copriranno mai esaustivamente la varietà dei casi che nella pratica si possono presentare. E’ ben per questo che la legge italiana prevede al di sopra di tutto dai progettisti l’applicazione della regola d’arte.
Forse è il caso di approfondire l’aspetto, che abbiamo richiamato e che ha una rilevanza non trascurabile ( anche economico ) sullo svolgimento in sicurezza di tali anche importanti manifestazioni, fornendo un criterio di giudizio univoco ai progettisti come alle Commissioni di Vigilanza provinciali e comunali che su tali questioni sono chiamate ad esprimersi.

lunedì 10 maggio 2010

Le nuove Norme CEI 61439 ( AS e ANS )

Sono di recente pubblicazione le norme CEI 61439, pronte a sostituire lenorme CEI 60439.
Sembra abbandonata finalmente la distinzione tra quadri AS e ANS, costituenti un fondamento della norma oggi in sostituzione, che avevamo, nella pagine della rivista Progetto Elettrico della Casa Editrice Bema, criticato tanti anno or sono, dandone secodo il nostro punto di vista ampia giustificazione.
La regola d'arte sembra cambiare e sembra presentare delle discontinuità nelle sue regole.
Non è così ? Sono le norme tecniche a presentare delle discontinuità ?