domenica 22 maggio 2011

ABB e cosfi di corto circuito - Buco nella norma CEI 64-8



Premetto che quanto segue riguarda tutti i maggiori costruttori di interruttori automatici. Tutti in genere mettono a disposizione manuali utilissimi per coloro che devono progettare impianti elettrici di potenza o comunque intervenire sugli stessi. Per questo dobbiamo solo ringraziare. Non per questo dobbiamo avere remore nel porgere obiezioni ai comportamenti e/o ai contenuti.
Nessuno dei costruttori importanti ci dice ad esempio come ci si debba comportare quando il cosfi di corto circuito è inferiore a quello che la norma e quindi la sala prove associa all’interruttore: accadimento questo frequentissimo nelle cabine di trasformazione MT/BT.
Chiediamo indirettamente attraverso questo blog e ai suoi lettori ai costruttori di interruttori automatici, al Comitato Elettrotecnico Italiano, all’Associazione Elettrotecnica ed Elettronica Italiana ( Gruppo Impianti Utilizzatori ), agli Istituti che si occupano di sicurezza, alla utilissima rivista Tuttonormel una risposta. Chiediamo agli installatori che possono esercitare il loro importantissimo potere di acquisto di chiedere ai costruttori se siamo autorizzati ad installare gli interruttori automatici, quando il cosfi calcolato della icc non raggiunge il valore per il quale gli stessi interruttori sono stati provati secondo la norma ad essi applicabile.
Aspetto di sentire le risposte o comunque contribuiti.

Credo interessante per tutti riportare quanto ho letto su un interessante documento prodotto da ABB per i progettisti e che ha un collegamento diretto con il problema che insisto a riproporre. Chiedo contestualmente ad ABB se mi sto sbagliando su quanto ho osservato.
Nell’appendice B di un Quaderno di Applicazioni Tecniche di ABB, certamente ben fatto, si offre un esempio di calcolo, con il metodo delle sequenze, delle correnti di corto circuito sul quadro elettrico a valle di un parallelo di 2 trasformatori da 1600 kVA e di 1 alternatore da 1250 kVA.
Se non ho male interpretato i risultati, per ogni trasformatore e quindi anche per il loro parallelo compreso il GE ( reattanza subtransitoria ) il cosfi del circuito di guasto risulta pari a 0,17 ( inferiore a 0,2 che la norma associa agli interruttori con PI maggiore o uguale a 50 kA). Nei calcoli si è tenuto conto anche del cosfi della rete del fornitore di energia elettrica.
Ecco i valori delle correnti di corto circuito valutate sul quadro principale nelle condizioni sopra definite:
- guasto trifase, Icc 83900 A, cosfi 0,154
- guasto verso il neutro, Icc 85430 A, cosfi 0,158
- guasto verso il PE, Icc 85430 A, cosfi 0,158.
Ma allora ???? Perché nessun commento ? Possono le correnti di guasto presentarsi con un cosfi per cui gli interruttori, a detta delle stesse norme non sono provati? Nei miei blog appena avrò modo commenterò le ipotesi di questi calcoli e le gravi conseguenze dell’anomalia della situazione, in cui ci troviamo e che a nessuno dovrebbero sfuggire.
Quanto vale veramente il cosfi della rete a monte?
Quanto vale il cosfi con la situazione a freddo ?
Quanto vale il cosfi delle condutture in cavo ( sempre più conduttori in parallelo tra loro per potenze medio - grandi dei TR ); esso non dipende oltre che dalla temperatura dei conduttori anche e più dalla configurazione geometrica della disposizione dei tanti conduttori?
Con che precisione conosciamo la reattanza dei trasformatori o la loro Vcc ?
C'è parecchio lavoro da fare e non può gravare tutto sulle spalle dei progettisti.
Chiediamo aiuto !!!

Allego oggi 29 aprile 2011 le facciate della guida ABB sopracitata in cui si trovano indicazioni che interessano il caso da me sollevato. A pag. 32 è tracciato lo schema della rete in esame, più sopra descritta.
A pag. 36 compare l'impedenza equivalente diretta della rete che consente di calcolare la corrente di corto circuito sulle sbarre principali A. Il rapporto tra la parte reattiva (0,0027 ohm ) e la parte attiva ( 0,00042 ohm ) restituisce per difetto il cosfi della stessa impedenza e quindi il cosfi ( ritardo )con cui la corrente di corto circuito si manifesta rispetto al vettore tensione impressa. Detto cosfi vale 0,155. Non conosco interruttori che siano provati a cosfi inferiori a 0,2, anche se in grado di aprire 100 kA.
Siamo a chiedere pertanto ai normatori e ai costruttori di interruttori automatici quali interruttori dovremmo prevedere per la costruzione del quadro che deve realizzare il nodo di distribuzione A, presentato nella Guida ABB.
Chi ci autorizza a basarci su valutazioni o previsioni probabilistiche fatte "a naso"? La norma CEI 81-10 sui parafulmini quando ragiona in tali termini, delle valutazioni quantitative ( non si sa quanto affidabili !!) almeno le propone !
Ho intenzione di annoiare in futuro i lettori con altre considerazioni su questo tema, fino a quando non arriverà una risposta chiarificatrice ( forse esiste ! ). Per non dover ripetere però ogni volta i termini della questione, mi richiamerò ad essa nel seguente modo " Tedeschi, il PI e il cosfi".
Potrebbe nascerne una nuova filosofia di utilizzo degli interruttori automatici, che potrebbe comportare una valorizzazione della professionalità dei progettisti, con riduzione degli sprechi e dei costi per la realizzazione degli impianti elettrici di distribuzione industriale, di cui stranamente troppo poco si parla.

martedì 10 maggio 2011

Ancora sulla scelta dell’interruttore automatico a regola d’arte ( buco in CEI 64-8 )

Ancora sulla scelta dell’interruttore automatico a regola d’arte ( norma CEI 64-8 )
La norma CEI 11-28 del maggio 1993 “Guida d’applicazione per il calcolo delle correnti di cortocircuito nelle reti radiali a bassa tensione”, di cui dispongo, propone a pag. 19 il calcolo della corrente di corto circuito trifase sulle sbarre a valle di un trasformatore da 400 kVA ( TR vcc 4%, perdite 1,15 %, alimentato da un sistema a 20 kV, 1,7 km, 3 x 1 x 150 mm2 ) per mezzo di due cavi in paralleo ( 5 m, 2 x ( 2 x 240 mm2 )).
Secondo i calcoli della Guida la corrente di corto circuito sulle sbarre risulta pari a 13,78 kA. La Guida calcola anche la corrente di picco che come sappiamo dipende dal cosfi. Il progettista deve infatti verificare che l’interruttore progettato per stabilire una certa corrente di cresta sia in grado di sopportare la corrente di picco che sull’impianto in esame si può stabile. Questo aspetto di una corretta progettazione è ripreso dalla letteratura in proposito esistente, in quanto la norma richiama esplicitamente il rischio di un uso improprio e pericoloso dell’interruttore.
Quel che la norma non fa e che la lettura non richiama è che il pericolo di un uso pericoloso sussiste anche se il cosfi, con cui si esprime la corrente di corto circuito in campo è inferiore a quello per cui il potere di interruzione ( PI ) dell’interruttore è definito dal costruttore e a sua volta individuato dalla norma sugli interruttori.
Nel caso proposto dalla norma il cosfi della corrente di corto circuito sulle sbarre interessate dal guasto risulta pari 0,296, minore del valore 0,3 che la norma degli interruttori associa al potere di interruzione degli interruttori con potere di interruzione compreso tra 10 e 20 kA. Sarebbe errato pertanto scegliere nella specifica applicazione un interruttore scatolato serie B con PI pari a 16 kA. La Guida non dice che il calcolo della reattanza dei cavi BT a valle del TR è stato condotto in base ad una disposizione reciproca dei cavi in parallelo particolare solitamente non messa in opera dagli installatori. Con la posa tradizionale il cosfi risulterebbe un po’ più basso. Anche con un trasformatore a perdite ridotte il rischio aumenterebbe. A maggior ragione l’installazione dell’interruttore con PI pari a 16 kA risulterebbe in tali situazioni contestabile, in quanto potenzialmente pericolosa. Attenzione progettisti e installatori !!
Non trovate che sia impensabile ( e inaccettabile ! ) che la norma proponga l’uso di interruttori che teoricamente per prestazioni non possono essere installati nella normalità degli impianti ( vedi esempio proposto dalla norma ) e che se installati possono procurare una pesante e costosa contestazione per non aver realizzato un impianto a regola d’arte.