mercoledì 28 novembre 2012

Metodi alternativi a CEI 81-10/2 per determinare l'autoprotezione

Abbiamo riportato nel post del 28 novembre 2012 del blog "Norme CEI, Commenti ed errori, di Tedeschi Giancarlo" un esempio di applicazione di regole alternative a quelle presenti nella norma CEI 81-10  allo scopo di determinare l'autoprotezione di una struttura. Nell'esempio, che abbiamo prospettato e a cui si rimanda, si dimostra che l'applicazione della norma tecnica, troppo schematizzando, può risultare punitiva per il committente e che i software disponibili vincolano i progettisti e i verificatori a soluzioni che, più spesso di quanto non si pensi, non sono le più corrette/convenienti e non indicano oggettivamente i margini di sicurezza con i quali alla fine ci si espone.

giovedì 18 ottobre 2012

Norma CEI EN 61439, CEI 17-13, guasto con arco pericoloso e trascurato

Ho ricevuto da amici dalla Spagna il link che qui richiamo :  http://youtu.be/qKcPomZCXJw .
Le immagini sono impressionanti.
Ho pensato che alcuni aspetti legati al fenomeno rappresentato nelle immagini sono poco considerati nel nostro ambiente : manovre, manutenzione, approfondimenti su riviste e normativa tecnica.
Negli anni passati ho scritto un articolo sul calcolo delle correnti di guasto con arco a terra in bassa tensione, che non mi pare abbia avuto seguito. Se non erro il mio articolo è apparso sulla rivista Progetto Elettrico, forse allora diretta dal collega ing. L. Maccapanni. Qualche indicazione in qualche misura legata alle conseguenze del calcolo (  mi pare di ricordare ) è stata pubblicata sulla autorevole rivista Tuttonormel ( direttore prof. Vito Carrescia ) a firma dell'ing. Mitolo, che lavora/lavorava presso uno studio di progettazione negli Stati Uniti.
Il calcolo delle correnti di guasto con arco costituisce un passo importante e necessario per una corretta valutazione dell'entità delle potenze/energie in gioco e per la scelta avveduta delle caratteristiche dell'abbigliamento da usarsi dagli addetti.
Auspico che il CEI, le riviste e i costruttori promuovano iniziative volte a dare rilievo al fenomeno sopra richiamato e un po' troppo trascurato.

mercoledì 17 ottobre 2012

Cei 81-10, metodi alternativi per il calcolo dell'area di raccolta 1

Chiedo ai colleghi se sia possibile ad un tecnico, ad esempio incaricato di valutare il rischio di una struttura in relazione alle perdite da fulminazione ( rischio di tipo 1 ),  utilizzare metodi alternati per il calcolo dell'area di raccolta dei fulmini.
A nessuno sfugge che i criteri suggeriti dalla norma sono molto grossolani, alcuni quasi inaccettabili. Vedansi i valori proposti per il coefficiente di posizione Cd, di cui al punto A.2.2  della norma CEI 81-10/2 (CEI EN 62305-2). Tale valore è necessario per calcolare l'area di raccolta dei fulmini, una volta che si tenga conto dell'effetto schermante delle strutture od alberi vicini. Nella tabella A.2 si legge che si può dimezzare l'area di raccolta convenzionale relativa ad una struttura isolata per "oggetto circondato  da oggetti o alberi di altezza uguale o inferiore".
Il tecnico si chiede :
- cosa significa esattamente circondato ?
- fino a quale altezza minima degli oggetti circostanti si può applicare il valore proposto pari a 0,5 ?
A me risulta inspiegabile che nella stessa norma non si possano leggere note e/o precisazioni in merito .
Personalmente ritengo che una norma tecnica non possa e non debba essere scritta nel modo che ho richiamato ( ediz. 04  2006 ).
Nel caso in questione, che vede il tecnico abbandonato ad una indeterminatezza scandalosa, chiedo se questi possa ad esempio usare altri metodi anche non troppo sofisticati, ma certo più precisi per dare una valenza più tecnica e ragionata alle sue valutazioni.
Propongo almeno che la norma richiami tale possibilità e presenti alcuni metodi oggi disponibili.
Ad esempio un metodo era indicato in una delle prime edizioni della norma CEI sulla protezione contro i fulmini. Non era complicato e sembrava sintetizzando descrivere abbastanza bene il fenomeno della schermatura.
Se avrò un po' di tempo in un prossimo futuro, presenterò  un esempio di applicazione di un criterio diverso da quello proposta nella norma CEI 81-10/2.
Ne può derivare una minor penalizzazione per le strutture e per gli utilizzatori, che non è cosa da poco.
Da scelta obbligata a scelta eventualmente volontaria.
Chiedo ai colleghi : si può fare ?
C'è qualcosa che mi sfugge riguardo alla valutazione del rischio per gli ordinari condomini che nelle città costituiscono unità autonome e non fanno parte dei centri storici, dove questi si trovano spesso tutti tra loro addossati tanto da costituire uniche grandi strutture?

venerdì 8 giugno 2012

FULMINI, a norme CEI, ma non a regola d'arte ?

Con riferimento alla valutazione del rischio per la salute e la vita delle persone derivante dalle fulminazioni dirette e indirette, resto stupefatto della situazione, in cui noi tecnici ci troviamo.
La norma tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano ( CEI ) oggi in vigore, che informa sulla frequenza in Italia dei fulmini a terra da considerare per ottenere la corrispondente valutazione quantitativa del rischio è molto, molto datata.
Mi risulta invece che il SIRF disponga da molti anni ormai di dati relativi alla frequenza dei fulmini a terra in Italia  aggiornati e ben più affiodabili.
Perchè tali dati non sono diffusi?
Difficilmente i dati vecchi coincideranno con i nuovi. Obbligatoria quindi la seguente domanda: perchè tra i tecnici non vengono diffusi i dati aggiornati disponibili? E  grave che ciò non avvenga: o lavoriamo e viviamo in impianti non sicuri o spendiamo impropriamente risorse per difenderci.
Non mi pare una considerazione da sottovaluatare.
Cari colleghi, se ci sono dati più aggiornati, su quelli ci dovremmo basare per realizzare un impianto a regola d'arte !!
Sulla base di quanto esposto si potrebbero benissimo installare impianti realizzato a norme CEI, ma non a regola d'arte. Esiste l'impossibile.  Terremoto purtroppo docet!!

domenica 19 febbraio 2012

La sicurezza degli impianti fotovoltaici ( PV ) non è sempre garantita.





Gli impianti PV di media - grande potenza presentano aspetti caratteristici/particolari, che non sono stati ponderati nella giusta misura dalle categorie che di essi si occupano.

In special modo si deve osservare che, come troppo spesso accade, i sempre dovuti approfondimenti relativi alla sicurezza ( D.Lgs 81/2008 ) non seguono di pari passo gli sviluppi di impostazione impiantistica e tecnologica che al comparto della produzione di energia fotovoltaica indubbiamente riconosciamo.

Ne è testimonianza l’arricchimento della guida CEI 82-25, “Guida alla realizzazione di sistemi di generazione fotovoltaica collegati alle reti elettriche di Media e Bassa Tensione” sul tema della sicurezza elettrica da garantire a tali impianti, nell’ambito dell’azione dei VVF e non solo, avvenuta appena un anno fa.

C’è un altro aspetto generale legato alla sicurezza relativo alla progettazione e alla realizzazione della struttura stessa delle reti di trasferimento di potenza elettrica negli impianti medio - grandi, che non è stato ancora preso in considerazione dalla prassi impiantistica corrente ( progettisti, studi tecnici di installazione elettrica, produttori di software dedicati, …  ) e nell’ambito tecnico normativo ( Comitato Elettrotecnica Italiano, CEI ).

I rendimenti molto alti, notoriamente da garantire agli impianti di generazione fotovoltaica, hanno imposto un sovradimensionamento anomalo delle condutture elettriche.

I progettisti e gli installatori, forse  anche dimenticando che esiste pur sempre una scelta ottimale dal punto di vista economico della sezione dei  cavi, che costituiscono le condutture di trasferimento in BT delle potenze prodotte, non tengono ben conto che i circuiti realizzati/da realizzare presentano una natura induttiva molto marcata, di cui non si può non tenere conto soprattutto ai fini della sicurezza delle persone e delle cose ( norma CEI 64-8 ). Il comportamento di tali circuiti è poco trattato dalla letteratura corrente e appena accennato dalla normativa tecnica. Esso può nascondere grosse sorprese e insidie.

Praticamente negli impianti medio - grandi il trasferimento di potenza elettrica avviene per mezzo di trasformatori, condutture, apparecchiature elettriche ( quadri ) e apparecchi ( interruttori ), che possono inaspettatamente presentare caratteristiche tra loro incompatibili.

Queste note, cui ne seguiranno altre con maggiori dettagli, vogliono segnalare la presenza di un rischio non riconosciuto, cui siamo tutti tenuti a dare immediata risposta: nella mia veste di ingegnere, progettista, verificatore, collaudatore, nonché ex insegnante e studioso appassionato di impianti elettrici ritengo giusto/doveroso portare il mio contributo di approfondimento e di miglioramento all’ottenimento della sicurezza, da tutti invocato.

domenica 5 febbraio 2012

Norma CEI 64-8 - Proposta di variante V4 - Il potere di interruzione e il cosfi


Norma CEI 64-8 - Variante V4 - Proposta


Perché dai cataloghi tecnici con l’indicazione della categoria di prestazione e della tensione di riferimento del potere di interruzione simmetrico nominale non viene più indicatoda molti anni ormai anche il valore del cosfi al di sopra del quale lo stesso potere di interruzione risulta applicabile ?

Molti anni fa, come ho già documentato ( vedi catalogo Sace Novomax CAT 3-7 5-1985 ), questa importante indicazione veniva data dal costruttore ad evitare un uso improprio e soprattutto pericoloso degli interruttori automatici.

Non si capisce come a fronte:

-          di una conferma dell’esistenza del problema ad alto livello e da molti anni ormai ( rivista AEIT ),

-          di una conferma in più occasioni sempre ad alto livello che il progettista è il responsabile di eventuali scelte errate e pericolose ( rivista AEIT ),

-          dell’esistenza di molte situazioni, sempre più frequenti ( ad es. fotovoltaico ) e relativamente anche con non elevate potenze di impianto ( 800 kVA, perdite ridotte ), in cui il problema si pone,

-          della facilità, con cui si potrebbe risolvere il problema ( informazione diffusa da parte delle categorie interessate; inserimento di un segnale di attenzione specifico nella norma CEI 64-8; reintroduzione nei cataloghi dell’indicazione dei cosfi di riferimento,…. ),

nulla si sia fatto fino ad oggi dalle autorità preposte e coinvolte per ridurre il rischio di danno alle persone e alle cose associato a tale sorprendente situazione.

Quali sono le forze misteriose che si oppongono ad una facile e immediata possibile riduzione di un rischio così palese ? Come si spiega che tutte le categorie coinvolte tacitamente accettano e non denunciano con forza una tale situazione. Cosa c’è che non va nel meccanismo di formazione delle nostre norme tecniche.

E’ vero che se le norme di prodotto relative agli interruttori automatici sono elaborate solo o quasi dai costruttori, che non hanno certo interesse ad ammodernare le loro sale prove, è vero anche che nel Comitato Elettrotecnico Italiano i professionisti e le associazioni di categoria coinvolte (purtroppo forse in numero troppo esiguo) potrebbero agire nell’ambito del comitato della norma impianti ( CEI 64-8 ) e costringere i costruttori ad adeguare, in tempi si spera brevi, le prestazioni degli interruttori alle attuali esigenze e ad eliminare così molte situazioni pericolose di impianti non solo non realizzati a regola d’arte, ma potenzialmente molto pericolosi.