Chiedo ai colleghi se sia possibile ad un tecnico, ad esempio incaricato di valutare il rischio di una struttura in relazione alle perdite da fulminazione ( rischio di tipo 1 ), utilizzare metodi alternati per il calcolo dell'area di raccolta dei fulmini.
A nessuno sfugge che i criteri suggeriti dalla norma sono molto grossolani, alcuni quasi inaccettabili. Vedansi i valori proposti per il coefficiente di posizione Cd, di cui al punto A.2.2 della norma CEI 81-10/2 (CEI EN 62305-2). Tale valore è necessario per calcolare l'area di raccolta dei fulmini, una volta che si tenga conto dell'effetto schermante delle strutture od alberi vicini. Nella tabella A.2 si legge che si può dimezzare l'area di raccolta convenzionale relativa ad una struttura isolata per "oggetto circondato da oggetti o alberi di altezza uguale o inferiore".
Il tecnico si chiede :
- cosa significa esattamente circondato ?
- fino a quale altezza minima degli oggetti circostanti si può applicare il valore proposto pari a 0,5 ?
A me risulta inspiegabile che nella stessa norma non si possano leggere note e/o precisazioni in merito .
Personalmente ritengo che una norma tecnica non possa e non debba essere scritta nel modo che ho richiamato ( ediz. 04 2006 ).
Nel caso in questione, che vede il tecnico abbandonato ad una indeterminatezza scandalosa, chiedo se questi possa ad esempio usare altri metodi anche non troppo sofisticati, ma certo più precisi per dare una valenza più tecnica e ragionata alle sue valutazioni.
Propongo almeno che la norma richiami tale possibilità e presenti alcuni metodi oggi disponibili.
Ad esempio un metodo era indicato in una delle prime edizioni della norma CEI sulla protezione contro i fulmini. Non era complicato e sembrava sintetizzando descrivere abbastanza bene il fenomeno della schermatura.
Se avrò un po' di tempo in un prossimo futuro, presenterò un esempio di applicazione di un criterio diverso da quello proposta nella norma CEI 81-10/2.
Ne può derivare una minor penalizzazione per le strutture e per gli utilizzatori, che non è cosa da poco.
Da scelta obbligata a scelta eventualmente volontaria.
Chiedo ai colleghi : si può fare ?
C'è qualcosa che mi sfugge riguardo alla valutazione del rischio per gli ordinari condomini che nelle città costituiscono unità autonome e non fanno parte dei centri storici, dove questi si trovano spesso tutti tra loro addossati tanto da costituire uniche grandi strutture?