mercoledì 20 agosto 2025

Novità - 7.IL PUNTO DELLA SITUAZIONE NELLA SELEZIONE DEGLI INTERRUTTORI DI PROTEZIONE DI BT IN CONDIZIONI DI APPLICAZIONE FUORI STANDARD

 Soluzione che si ritiene corretta

 E’ importante premettere quanto si può leggere nella prima voce della Table E.1 di CEI EN IEC 60947-2:2025. Sussiste contraddizione tra il suo contenuto e l’indicazione (ultimissime pagine, pagg. 154-155) presente in CEI 121-5 e le indicazioni fornite nel commento all’art. 5.33.3.2 di CEI 64-8. La tabella E.1 della norma propone un elenco di situazioni speciali, la cui soluzione è da ricercare in un accordo diretto tra le parti, cioè tra costruttori e utenti. La prima voce/situazione della tabella riguarda gli interruttori, cui si richiedono poteri di chiusura, Icm, maggiori di quelli indicati in Tab. 1 della norma[1]. Poiché con riferimento alla stessa norma CEI EN 60947  l’esigenza di dover utilizzare interruttori con poteri di chiusura in cortocircuito superiori a quelli standard la si incontra nel  caso che il fattore di potenza della corrente di cortocircuito da interrompere sia inferiore a quello convenzionale, l’accordo tra utente e costruttore diventa anche presupposto necessario per procedere correttamente nella scelta degli interruttori in fase di progettazione.

Ciò peraltro risulta perfettamente in linea con quanto dichiarato dal compianto ing. Siani, persona di riconosciuta competenza ed esperienza. L’ing. Siani contrariamente all’orientamento attuale espresso dai normatori ha condiviso e confermato per iscritto pienamente quanto si legge nella prima voce della Table E.1 di CEI EN IEC 60947-2:2025. Il contenuto della risposta data dall’ing. Siani, che riportiamo integralmente in nota 2[2] non lascia dubbi e contraddice, come già detto, nettamente la soluzione oggi prospettata nell’ambiente normativo : ultimissime pagine, pagg. 154-155 di CEI 121-5 e indicazioni, esposte nel commento all’art. 5.33.3.2 di CEI 64-8.

Al di là della contraddizione con le precise indicazioni presenti nella norma di prodotto, sussistono ulteriori chiare e importanti conferme al fatto che la soluzione deve comunque venire dall’apporto dei costruttori, che riportiamo in nota 3 [3]. 

 Vista la situazione la soluzione corretta è pertanto quella indicata con il suggerimento presente alla fine del commento dell’art. 533.3.2 di CEI 64-8. Solo il ricorso all’autorizzazione da parte dei costruttori degli interruttori può garantirne un uso sicuro ed esime i progettisti e i quadristi da responsabilità in proposito.

Spesso la soluzione potrà essere individuata nel ricorso all’utilizzo di interruttori di classe superiore, rispetto alla classe inferiore che potrebbe ritenersi idonea in relazione al suo potere di interruzione, se il fattore di potenza di tale classe risulta congruo.

Dobbiamo prudentemente tener conto che solo i costruttori dispongono delle conoscenze per pronunciarsi con competenza su ogni specifica applicazione non convenzionale. Restiamo pertanto in attesa di un pronunciamento chiaro ed esaustivo dei costruttori di interruttori. Se questo ricalca la soluzione proposta[4], che non ci convince, esso diventerà per i progettisti la procedura ufficiale da seguire senza timore nelle situazioni critiche prospettate.

Un altro punto a favore del fatto che la soluzione proposta dall’ambiente normativo non sia da accogliere, risulta dalla mancanza di spontaneità nella formulazione della regola proposta in ambito normativo, ma non nel testo della norma ufficiale. La soluzione è stata pubblicata nei documenti normativi solo dopo insistenti richieste in proposito presentate da ambiente esterno a quello della norma. Tutto fa pensare che in proposito siano da definire con precisione i portatori di responsabilità importanti, che si vorrebbero ancor oggi lasciare in capo a tutti meno che ai costruttori. E’ noto infatti che i commenti agli articoli delle norme tecniche, come gli stessi contenuti delle guide non costituiscono ordinariamente un riferimento con valore legale.

C’è un problema secondario di cui si deve tener conto che presenta risvolti sorprendenti. Infatti se in relazione al valore del fattore di potenza della corrente di cortocircuito presunta l’interruttore deve essere declassato nel suo potere di interruzione effettivo, lo stesso interruttore può essere surclassato/maggiorato nel suo potere di interruzione effettivo nel caso il fattore di potenza da considerare sia superiore a quello convenzionale di prova.

Un aspetto importante, quanto sconosciuto. Esso non è mai stato approfondito. Ma potrebbe valorizzare ulteriormente la figura dei progettisti e dei consulenti. I costruttori dovrebbero pertanto in proposito fornire, come già fanno per altri aspetti, le corrispondenti tabelle e/o grafici.

Si conclude che se il fattore di potenza della corrente di cortocircuito è inferiore a quello convenzionale e non si può ricorrere ad un interruttore di classe superiore in quanto a potere di interruzione, si deve applicare quanto previsto al primo punto della Table E.1 dell’Annex E di CEI EN IEC 60947-2. Si devono cioè interpellare i costruttori, come del resto prudenza e altre autorevoli conferme suggeriscono.

 



[1] Items subject to agreement between manufacturer and user.  Al primo posto della colonna “Item” di legge: Circuit-breakers for higher short-circuit making capacity than given in Table 1.

[2] Si riporta di seguito in corsivo la risposta fornita in proposito via e.mail dall’ing. Alberto Siani di Schneider Electric ( Power EMEAS, Italy, responsabile “Norme e software tecnici” nel 2012) alla questione di cui si dibatte in queste note: “Giustamente Lei fa riferimento a valori ancora più bassi del cosfi. Su questo punto la norma effettivamente non ha risposte e non tratta situazioni di questo tipo, sono situazioni che in qualche modo devono essere affrontate caso per caso e potrebbero costituire oggetto di accordo tra costruttore ed utilizzatore.

Tenga naturalmente conto che per il costruttore dichiarare valori di potere di interruzione per situazioni maggiormente critiche (ossia con cosfi più bassi) costituisce comunque costi aggiuntivi, dovuti alla necessità di prove in laboratorio non previste dalle norme e dai normali iter di certificazione prodotto.”

 

[3] Fondamenti di sicurezza elettrica, U. Hoepli Editore, 1984, Autore prof. Vito Carrescia,  pag. 368.

Risposta sul problema ricevuta da quesiti@ceiweb.it nell’anno 2010.

Risposta dell’allora Direttore Tecnico del CEI al problema, AEI Volume 86, numero 2, febbraio 1999.

Risposta molto precisa ricevuta in proposito con e.mail datata 4 aprile 2012 da un autorevolissimo esperto molto attivo presso il CEI per conto di una multinazionale leader del settore: ing. Alberto Siani di Schneider Electric.

Commento al problema del prof. G. Parise, Ordinario di Impianti Elettrici all’Università La Sapienza di Roma, AEI volume 86, n. 6 giugno 1986.

[4] La sussistenza di una qualche parziale giustificazione è effettivamente plausibile: una, che pare interessante, non è però mai stata proposta.

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