Soluzione che si ritiene corretta
Ciò peraltro risulta
perfettamente in linea con quanto dichiarato dal compianto ing. Siani, persona
di riconosciuta competenza ed esperienza. L’ing. Siani contrariamente
all’orientamento attuale espresso dai normatori ha condiviso e confermato per
iscritto pienamente quanto si legge nella prima voce della Table E.1 di CEI EN
IEC 60947-2:2025. Il contenuto della risposta data dall’ing. Siani, che
riportiamo integralmente in nota 2[2]
non lascia dubbi e contraddice, come già detto, nettamente la soluzione oggi
prospettata nell’ambiente normativo : ultimissime pagine, pagg. 154-155 di CEI
121-5 e indicazioni, esposte nel commento all’art. 5.33.3.2 di CEI 64-8.
Al di là della contraddizione con
le precise indicazioni presenti nella norma di prodotto, sussistono ulteriori
chiare e importanti conferme al fatto che la soluzione deve comunque venire
dall’apporto dei costruttori, che riportiamo in nota 3 [3].
Spesso la soluzione potrà
essere individuata nel ricorso all’utilizzo di interruttori di classe superiore,
rispetto alla classe inferiore che potrebbe ritenersi idonea in relazione al
suo potere di interruzione, se il fattore di potenza di tale classe risulta
congruo.
Dobbiamo prudentemente tener
conto che solo i costruttori dispongono delle conoscenze per pronunciarsi con
competenza su ogni specifica applicazione non convenzionale. Restiamo
pertanto in attesa di un pronunciamento chiaro ed esaustivo dei costruttori di
interruttori. Se questo ricalca la soluzione proposta[4],
che non ci convince, esso diventerà per i progettisti la procedura ufficiale da
seguire senza timore nelle situazioni critiche prospettate.
Un altro punto a favore del
fatto che la soluzione proposta dall’ambiente normativo non sia da accogliere,
risulta dalla mancanza di spontaneità nella formulazione della regola proposta
in ambito normativo, ma non nel testo della norma ufficiale. La soluzione è
stata pubblicata nei documenti normativi solo dopo insistenti richieste in
proposito presentate da ambiente esterno a quello della norma. Tutto fa pensare
che in proposito siano da definire con precisione i portatori di responsabilità
importanti, che si vorrebbero ancor oggi lasciare in capo a tutti meno che ai costruttori.
E’ noto infatti che i commenti agli articoli delle norme tecniche, come gli
stessi contenuti delle guide non costituiscono ordinariamente un riferimento
con valore legale.
C’è un problema secondario di cui
si deve tener conto che presenta risvolti sorprendenti. Infatti se in relazione
al valore del fattore di potenza della corrente di cortocircuito presunta
l’interruttore deve essere declassato nel suo potere di interruzione effettivo,
lo stesso interruttore può essere surclassato/maggiorato nel suo potere di
interruzione effettivo nel caso il fattore di potenza da considerare sia
superiore a quello convenzionale di prova.
Un aspetto importante, quanto sconosciuto. Esso non è mai
stato approfondito. Ma potrebbe valorizzare ulteriormente la figura dei
progettisti e dei consulenti. I costruttori dovrebbero pertanto in proposito
fornire, come già fanno per altri aspetti, le corrispondenti tabelle e/o
grafici.
Si conclude che se il fattore
di potenza della corrente di cortocircuito è inferiore a quello convenzionale e
non si può ricorrere ad un interruttore di classe superiore in quanto a potere
di interruzione, si deve applicare quanto previsto al primo punto della Table
E.1 dell’Annex E di CEI EN IEC 60947-2. Si devono cioè interpellare i
costruttori, come del resto prudenza e altre autorevoli conferme suggeriscono.
[1] Items subject to agreement between manufacturer and
user. Al primo posto della colonna
“Item” di legge: Circuit-breakers for higher short-circuit making capacity than
given in Table 1.
[2] Si riporta di seguito in corsivo la risposta fornita in
proposito via e.mail dall’ing. Alberto Siani di Schneider Electric ( Power
EMEAS, Italy, responsabile “Norme e software tecnici” nel 2012) alla questione
di cui si dibatte in queste note: “Giustamente Lei fa riferimento a valori
ancora più bassi del cosfi. Su questo punto la norma effettivamente non ha
risposte e non tratta situazioni di questo tipo, sono situazioni che in qualche
modo devono essere affrontate caso per caso e potrebbero costituire oggetto di
accordo tra costruttore ed utilizzatore.
Tenga naturalmente conto che per il costruttore dichiarare
valori di potere di interruzione per situazioni maggiormente critiche (ossia
con cosfi più bassi) costituisce comunque costi aggiuntivi, dovuti alla
necessità di prove in laboratorio non previste dalle norme e dai normali iter
di certificazione prodotto.”
[3] Fondamenti di sicurezza elettrica, U. Hoepli Editore,
1984, Autore prof. Vito Carrescia, pag.
368.
Risposta sul problema
ricevuta da quesiti@ceiweb.it nell’anno 2010.
Risposta dell’allora
Direttore Tecnico del CEI al problema, AEI Volume 86, numero 2, febbraio 1999.
Risposta molto precisa
ricevuta in proposito con e.mail datata 4 aprile 2012 da un autorevolissimo
esperto molto attivo presso il CEI per conto di una multinazionale leader del
settore: ing. Alberto Siani di Schneider Electric.
Commento al problema del
prof. G. Parise, Ordinario di Impianti Elettrici all’Università La Sapienza di
Roma, AEI volume 86, n. 6 giugno 1986.
[4] La sussistenza di una qualche parziale giustificazione
è effettivamente plausibile: una, che pare interessante, non è però mai stata
proposta.
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